Frontespizio dell'opera |
Melchiorre Missirini merita qualche
rigo nella storia della nostra letteratura per una biografia che
scrisse di Antonio Canova, e al massimo qualche nota a piè di pagina per le
altre sue opere (o per la traduzione del Canto all'Italia
di Byron). Noi lo prendiamo qui in esame per un suo trattato
scientifico del 1837 Pericolo di seppellire gli uomini vivi
creduti morti, dissertazione
erudita sulla morte apparente e sui rischi che si incorrono a
giudicar morti uomini che morti non sono. Gli intenti utilitaristici
sono subito messi in chiaro: «mancava un lavoro che, raccogliendo le
dottrine e gli esempi sparsi negli scritti di quanti tutelarono in
questa parte il genere umano, abbracciasse tutta la materia
mortuaria». La sepoltura per errore di persone vive è vista come un
tremendo crimine nei confronti dell'umanità (e non importa che i
casi non siano così frequenti, anche i terremoti non accadono tutti
i giorni, eppure sono considerati grandi calamità), sono un crimine
imperdonabile: «Qual perdono otterranno coloro che senza ribrezzo
espongono i loro simili, ed anche gli amici ed i parenti, al più
crudele di tutti i supplizii, cioè il resuscitar vivi in una
tomba?».
In
piena ottica neoclassico-erudita gli esempi addotti nello sviluppo
dell'opera sono tratti dalla letteratura, antica e moderna, casistica
dunque per la maggior parte libresca, anche se il Missirini afferma
di aver assistito di persona casi di morte apparente. La guida
massima però resta Cicerone, principe dei sapienti: «spesse volte
nel corso di questo nostro libro prenderemo a guida il senno di un
tant'uomo; perché già non potevamo avere scorta più sicura, più
dotta, più leale di questo santo petto, nel quale tutta l'antica
sapienza albergò».
Ma tra
le righe del neoclassicismo del Missirini aleggia fin dalle prime
pagine un sentore di titanismo romantico. Si disvela, infatti, come
idea di fondo del trattato un concetto di Natura che lascia da parte
l'armonia delle sua parti per dar mostra della propria terribile e
arcana impenetrabilità. Gli antichi tentarono di comprenderla,
dapprima con lo strumento del mito, poi attraverso la filosofia
classica si è giunti fino al pensiero moderno. Ma la conclusione, il
compimento di secoli di riflessione sulla natura, ha il sapore amaro
di una resa, di leopardiana accettazione dello stato delle cose:
«pensiamo che piuttosto all'uomo si convengano le pietose opere
della carità, che le superbe ricerche delle cose impenetrabili».
Lasciar
perdere gli arcani della natura e sostituire a questa vana ricerca il
precetto morale della carità, questa la visione del Missirini; la
misericordia è e deve essere l'occupazione principale dell'uomo, e
nel caso tratta dall'autore la misericordia verso i morti e verso i
morti apparenti.
La
morte è uno dei maggiori misteri posti davanti all'uomo dalla
Natura, e non solo in senso metafisico (quello del Missirini è pur
sempre un trattato scientifico), ma anche materiale. Riconoscere la
morte per il Missirini non è cosa facile, e alcuni segni che portano
l'uomo a considerare deceduto un suo simile sono spesso ingannevoli.
Non bisogna dunque farsi ingannare da segnali come la mancanza di
respiro, la soppressione dei sensi, la mancanza di battito cardiaco o
del polso, l'assenza di respiro, l'alterazione dei lineamenti, il
cattivo odore, la schiuma alla bocca, il livore. Unico segno certo
della morte è la putrefazione del corpo: «indizio indubitabile di
morte sarà quando il disfacimento accade negli intestini; e ciò
vedesi per un cerchio giallognolo, verdastro, nerastro che incomincia
a circondarsi l'ombellico con emanazione di puzzore cadaveroso».
Bisogna dunque attendere e scrutare bene il corpo prima di
dichiararlo morto.
Da qui
in poi il Missirini esamina con particolare acume numerosi cause di
morte apparente, con esempi tratti dalla letteratura antica e moderna
e dalla cronaca recente, e dispensa consigli sulla corretta
inumazione dei cadaveri, da mettersi in atto solo dopo aver fugato
anche il più minimo sospetto che si tratti di morte apparente ed
eliminato ogni dubbio sull'effettivo decesso della persona; propone
infine molti rimedi – compreso lo shock elettrico – per riportare
in vita i corpi creduti morti.
Le
ultime due parti del libro (la terza e la quarta) trattano due
argomenti collaterali al trattato. La terza infatti è una
trattazione storica sui più celebri casi di morte apparente, con
casistica tratta in gran parte dalla letteratura.
La
parte quarta, sui cimiteri, ha caratteri riscontrabili e accomunabili
alla nota disputa successiva all'editto napoleonico di Saint-Cloud, e
stabilisce, antifoscolianamente, la necessità di collocare i
cimiteri al di fuori del centro abitato («la sola demenza e superbia
portarono a derogare a quest'uso»); per il Missirini le tombe non
hanno alcunché di romantico, e il principio fondamentale da
rispettare in materia cimiteriale è solo quello igienico. Il
capitolo «del freno posto al lusso dei sepolcri» sembra in effetti
una diretta risposta alla particolare importanza data alle «urne dei
forti» nel più celebre carme del poeta di Zante.