giovedì 15 settembre 2011

Melchiorre Missirini - "Pericolo di seppellire gli uomini vivi creduti morti" (1837)

Frontespizio dell'opera
Melchiorre Missirini merita qualche rigo nella storia della nostra letteratura per una biografia che scrisse di Antonio Canova, e al massimo qualche nota a piè di pagina per le altre sue opere (o per la traduzione del Canto all'Italia di Byron). Noi lo prendiamo qui in esame per un suo trattato scientifico del 1837 Pericolo di seppellire gli uomini vivi creduti morti, dissertazione erudita sulla morte apparente e sui rischi che si incorrono a giudicar morti uomini che morti non sono. Gli intenti utilitaristici sono subito messi in chiaro: «mancava un lavoro che, raccogliendo le dottrine e gli esempi sparsi negli scritti di quanti tutelarono in questa parte il genere umano, abbracciasse tutta la materia mortuaria». La sepoltura per errore di persone vive è vista come un tremendo crimine nei confronti dell'umanità (e non importa che i casi non siano così frequenti, anche i terremoti non accadono tutti i giorni, eppure sono considerati grandi calamità), sono un crimine imperdonabile: «Qual perdono otterranno coloro che senza ribrezzo espongono i loro simili, ed anche gli amici ed i parenti, al più crudele di tutti i supplizii, cioè il resuscitar vivi in una tomba?».

In piena ottica neoclassico-erudita gli esempi addotti nello sviluppo dell'opera sono tratti dalla letteratura, antica e moderna, casistica dunque per la maggior parte libresca, anche se il Missirini afferma di aver assistito di persona casi di morte apparente. La guida massima però resta Cicerone, principe dei sapienti: «spesse volte nel corso di questo nostro libro prenderemo a guida il senno di un tant'uomo; perché già non potevamo avere scorta più sicura, più dotta, più leale di questo santo petto, nel quale tutta l'antica sapienza albergò».

Ma tra le righe del neoclassicismo del Missirini aleggia fin dalle prime pagine un sentore di titanismo romantico. Si disvela, infatti, come idea di fondo del trattato un concetto di Natura che lascia da parte l'armonia delle sua parti per dar mostra della propria terribile e arcana impenetrabilità. Gli antichi tentarono di comprenderla, dapprima con lo strumento del mito, poi attraverso la filosofia classica si è giunti fino al pensiero moderno. Ma la conclusione, il compimento di secoli di riflessione sulla natura, ha il sapore amaro di una resa, di leopardiana accettazione dello stato delle cose: «pensiamo che piuttosto all'uomo si convengano le pietose opere della carità, che le superbe ricerche delle cose impenetrabili».

Lasciar perdere gli arcani della natura e sostituire a questa vana ricerca il precetto morale della carità, questa la visione del Missirini; la misericordia è e deve essere l'occupazione principale dell'uomo, e nel caso tratta dall'autore la misericordia verso i morti e verso i morti apparenti.

La morte è uno dei maggiori misteri posti davanti all'uomo dalla Natura, e non solo in senso metafisico (quello del Missirini è pur sempre un trattato scientifico), ma anche materiale. Riconoscere la morte per il Missirini non è cosa facile, e alcuni segni che portano l'uomo a considerare deceduto un suo simile sono spesso ingannevoli. Non bisogna dunque farsi ingannare da segnali come la mancanza di respiro, la soppressione dei sensi, la mancanza di battito cardiaco o del polso, l'assenza di respiro, l'alterazione dei lineamenti, il cattivo odore, la schiuma alla bocca, il livore. Unico segno certo della morte è la putrefazione del corpo: «indizio indubitabile di morte sarà quando il disfacimento accade negli intestini; e ciò vedesi per un cerchio giallognolo, verdastro, nerastro che incomincia a circondarsi l'ombellico con emanazione di puzzore cadaveroso». Bisogna dunque attendere e scrutare bene il corpo prima di dichiararlo morto.

Da qui in poi il Missirini esamina con particolare acume numerosi cause di morte apparente, con esempi tratti dalla letteratura antica e moderna e dalla cronaca recente, e dispensa consigli sulla corretta inumazione dei cadaveri, da mettersi in atto solo dopo aver fugato anche il più minimo sospetto che si tratti di morte apparente ed eliminato ogni dubbio sull'effettivo decesso della persona; propone infine molti rimedi – compreso lo shock elettrico – per riportare in vita i corpi creduti morti.

Le ultime due parti del libro (la terza e la quarta) trattano due argomenti collaterali al trattato. La terza infatti è una trattazione storica sui più celebri casi di morte apparente, con casistica tratta in gran parte dalla letteratura.

La parte quarta, sui cimiteri, ha caratteri riscontrabili e accomunabili alla nota disputa successiva all'editto napoleonico di Saint-Cloud, e stabilisce, antifoscolianamente, la necessità di collocare i cimiteri al di fuori del centro abitato («la sola demenza e superbia portarono a derogare a quest'uso»); per il Missirini le tombe non hanno alcunché di romantico, e il principio fondamentale da rispettare in materia cimiteriale è solo quello igienico. Il capitolo «del freno posto al lusso dei sepolcri» sembra in effetti una diretta risposta alla particolare importanza data alle «urne dei forti» nel più celebre carme del poeta di Zante.